– Allora? Hai finito con quelle cipolle?
Ti chiedo, trattenendo a stento le risate perché sei tutto in lacrime.
– No, cioè sì, non lo so, non vedo più niente.
Rispondi, tirando su col naso.
Sei talmente buffo che non resisto a prenderti in giro.
– Mamma mia, come sei strano, quante storie per due cipolle. Le mie fragole sono pronte ed erano ben più di due!
Siamo fianco a fianco e ti osservo con aria di superiorità. Mi ricambi con uno sguardo obliquo dagli occhi lucidi e arrossati.
– Ah sì?
Mi fai con quel tono che adoro, quello che precede le tue irresistibili rappresaglie.
Intanto appoggi il coltello sul tagliere, accanto alle cipolle tutte ben tagliate.
– Certo!
Insisto con aria saccente.
– Le ho anche già zuccherate, ora devono solo riposare e poi saranno perfette a fine cena, col gelato alla vaniglia. Mirella e gli altri le adoreranno, vedrai.
Asciughi una lacrima col dorso della mano e mi dici sornione:
– Lo sai che anche le cipolle devono riposare?
– Le cipolle devono riposare?
Ti chiedo diffidente.
– Certo!
Assicuri, mentre lavi le mani e le asciughi con cura. I tuoi occhi non mi lasciano un istante.
– E, mentre loro riposano, io e te conversiamo.
Fai un passo avanti e io ne faccio uno indietro.
– Non mi sembra proprio il caso, fra poco saranno tutti qui e tu sei indietro con le cipolle!
Il tuo sopracciglio sinistro si alza, mentre avanzi ancora.
– Recupereremo.
Rispondi laconico.
– E di che dovremmo parlare?
Ti chiedo innocente, continuando ad arretrare.
– Di cucina, ovvio. Della differenza tra le fragole e le cipolle, per esempio. Mi sa che te la devo rispiegare, perché non l’hai ben presente.
Ormai sono con le spalle alla porta della nostra camera e ti guardo di sotto in su.
– Non abbiamo tempo per questo.
Protesto, ma tu hai già un braccio intorno alla mia vita e la mano sulla maniglia della porta.
– Io so già tutto sulle fragole…
Insisto, debolmente, mentre spalanchi la porta e mi spingi verso il letto.
– Di sicuro le tue guance ne hanno il colore…
È l’ultima cosa che dici prima di baciarmi.
Faremo tardi per la cena, ma che importa, sono felice.
© AngelicaNobiliCosta